Meraviglioso incrocio di sguardi

Nell’universo sensoriale dell’uomo la vista rappresenta il senso principale e il più immediato. Si stima che attraverso di esso, dall’ambiente esterno, giungano al cervello l’85 per cento delle informazioni. Quasi tutte le nostre decisioni coscienti e gran parte delle azioni riflesse si basano su ciò che vediamo. Basti pensare al nostro comportamento quando siamo ala guida di un veicolo. L’apparato visivo può essere paragonato a una telecamera in grado di effettuare un percorso recettivo rapidissimo. È composto da: occhi, nervi ottici, chiasma ottico, mesencefalo e corteccia cerebrale, elementi che permettono di identificare i particolari specifici di un oggetto, il suo movimento, la forma, la distanza e i colori. Sembra tutto molto semplice, ma vedere e riconoscere sono il risultato di un processo molto elaborato che si realizza in parte a livello oculare, in parte a livello cerebrale.

Vedere, guardare, fissare lo sguardo, osservare, sono tutte espressioni che riguardano la vista ma dicono sfumature diverse. Se esco a fare una passeggiata vedo tante cose e molte persone, posso guardare le vetrine e fermarmi ad osservare un dettaglio sartoriale di quel vestito che mi ha particolarmente colpito. Vedere, guardare, osservare non sono la stessa cosa.

Oltre all’aspetto fisiologico diamo significati a ciò che vediamo, e il significato che diamo alle cose smuove il nostro cuore e la nostra anima.

Per Giovanni battista che “fissa lo sguardo su Gesù” non è un semplice vedere, il suo sguardo penetra la persona di Gesù e vede oltre quello che tutti gli altri vedono. Lui vede “l’Agnello di Dio”. Non è sufficiente avere una buona vista, neanche aiutata da occhiali, per vedere quello che Giovanni vede. L’occhio della fede, illuminato dalla sapienza dello Spirito, può vedere, anzi fissare lo sguardo, su ciò che a tanti resterà sconosciuto.

Gesù “osserva” i due discepoli di Giovanni che lo seguono e, dopo un brevissimo dialogo, li invita: “venite e vedrete”. I discepoli sono invitati a vedere ma per poter vedere bene devono dimorare con lui, “restarono con lui”.

Lo sguardo attento va allenato, richiede tempo, bisogna restare, sostare con lui. Bellissimo richiamo che ci invita a rivedere il nostro stile di vita che, schiavo della fretta, consuma visioni veloci senza, in realtà, guardare nulla.

“Abbiamo trovato il Messia e lo condusse da Gesù”, Andrea è andato, ha visto ed ha trovato ma lui sapeva cosa cercare. La lunga scuola con Giovanni battista gli aveva insegnato cosa cercare, ora lo ha visto, lo ha trovato e vuole condividerlo con suo fratello.

Ora è Gesù che “Fissando lo sguardo su di lui”, su Simone, gli rivolge la parola per rivelargli la sua vera identità. Non sappiamo chi siamo fin quando qualcuno non ci vede, è lo sguardo attento di Gesù che penetra nel cuore di Simone, vede il suo essere testardo e gli rivela che quel limite può diventare una risorsa, quel difetto una vocazione, una missione: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa – che significa Pietro”.

Incrocio meraviglioso di sguardi: Giovanni fissa lo sguardo su Gesù, Gesù osserva i due discepoli che lo seguono e li invita da lui, vanno e videro, Gesù fissa lo sguardo su Simone che diventa Pietro.

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