Un singolare uomo, gravato dai limiti umani, emerge: un essere concreto, radicato nella storia. Gesù stesso proclamò la grandezza di quest’uomo, affermando che fra tutti coloro nati di donna, nessuno è pari a lui.
Egli comprende pienamente la sua identità, non si pone al posto di altri, non è invidioso, consapevole di non essere il Cristo, Elia o un profeta. Con umiltà si definisce una voce. Una voce che urla. A volte il grido è necessario per farsi ascoltare, ma oggi il gridare potrebbe essere vano. Troppi urlatori del nulla minacciano di soffocare questa voce.
Questa voce grida nel deserto, urgendo la rettitudine nel cammino del Signore. Grida la necessità di prepararsi ad accogliere la Parola, l’unica Parola che esisteva dall’inizio, che era presso Dio, che era Dio. La Parola che è vita e luce, alla quale questa voce rende testimonianza. La Parola che ha plasmato l’universo ora si fa carne, si manifesta come uomo. In Gesù, l’umanità trova compimento. La mia esistenza è vuota se non è permeata da questa Parola; è nell’ascolto di quest’unica Parola che trovo vera umanità. È prioritario rivalutare l’essere umano abitato da Dio. Quest’uomo si protende verso l’oltre, abbandonando il peso delle false sicurezze per sperimentare la gioia della realizzazione. Con semplicità, liberandosi delle zavorre che ci immobilizzano, si spinge verso quell’oltre dove la Parola trova dimora, dove posso affidarmi, consapevole che qualcuno si prende cura di me, dove la mia umanità può raggiungere la vera gioia, la pienezza in Cristo