Mt 25,1-13
Attendere, nella nostra epoca del “tutto e subito”, non è un’esperienza facile da vivere. Eppure, la nostra fede ci dice di attendere l’incontro con il Signore. Anzi è il Signore stesso che suscita in noi il desiderio dell’incontro con lui.
Diciamo subito che la parabola delle dieci vergini non raccomanda semplicemente un’attesa “vigile” che corrisponde alla fede operosa, ma anche una attesa “responsabile”. Si tratta di una responsabilità personale e indivisibile.
L’evangelista intende scuotere una chiesa che si culla nella falsa sicurezza di essere comunque candidata all’incontro finale salvifico con il Signore. Attenzione alle semplici e/o false sicurezze. Per crescere nella fede nel Signore e attendere la sua venuta dovremmo indagare segreti calendari apocalittici, perderci dentro complicati calcoli cronologici? Tutto questo non serve, ci vuole una salda e operosa coerenza nella vita di tutti i giorni. Non basta l’accoglienza della parola di Gesù o la professione verbale della fede. Al momento dell’incontro finale con il Signore, è decisiva l’attuazione della fede, quella che il Vangelo di Matteo chiama le «opere buone». (cf. Mt 7,22-23; Mt 7,24.26).